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Il re disse a Tsiba: «Tutto quello che appartiene a Mefibosheth è tuo». Tsiba replicò: «Io mi prostro dinanzi a te! Possa io trovar grazia agli occhi tuoi, o re, mio signore!» Mefibosheth, nipote di Saul, scese anch’egli incontro al re. Ei non s’era puliti i piedi, né spuntata la barba, né lavate le vesti dal giorno in cui il re era partito fino a quello in cui tornava in pace. E quando fu giunto da Gerusalemme per incontrare il re, il re gli disse: «Perché non venisti meco, Mefibosheth?» Quegli rispose: «O re, mio signore, il mio servo m’ingannò; perché il tuo servo, che è zoppo, avea detto: Io mi farò sellar l’asino, monterò, e andrò col re. Ed egli ha calunniato il tuo servo presso il re mio signore; ma il re mio signore è come un angelo di Dio; fa’ dunque ciò che ti piacerà. Poiché tutti quelli della casa di mio padre non avrebbero meritato dal re mio signore altro che la morte; e, nondimeno, tu avevi posto il tuo servo fra quelli che mangiano alla tua mensa. E qual altro diritto poss’io avere? E perché continuerei io a supplicare il re?» E il re gli disse: «Non occorre che tu aggiunga altre parole. L’ho detto; tu e Tsiba dividetevi le terre». E Mefibosheth rispose al re: «Si prenda pur egli ogni cosa, giacché il re mio signore è tornato in pace a casa sua». Il re risparmiò Mefibosheth, figliuolo di Gionathan, figliuolo di Saul, per cagione del giuramento che Davide e Gionathan, figliuolo di Saul, avean fatto tra loro davanti all’Eterno;
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